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Proprietà tecniche dei refrigeranti negli impianti A/C automotive ed il nuovo gas R1234yf

L’idea di avere nell’abitacolo aria fresca, deumidificata e pulita (filtrata) ha oltre 70 anni: le prime automobili ad essere dotate di un impianto simile furono nel ‘39 i modelli dell’americana Packard Motor Co., una casa automobilistica che tuttora produce vetture di lusso per il mercato statunitense.
Il compito di ogni buon impianto di aria condizionata è quello di mantenere i parametri climatici fondamentali all’interno della “zona di benessere”, qualunque siano le condizioni climatiche esterne e di guida del veicolo.

Grafico 1

Questo grafico riproduce sinteticamente l’insieme dei valori di temperatura ed umidità relativa che statisticamente rappresentano le condizioni ideali in cui un essere umano, a seconda delle stagioni, prova una sensazione appunto di benessere.
Le trasformazioni dei gas sono alla base del funzionamento degli impianti di condizionamento dell’aria, sia che si parli di impianti industriali o ad uso civile (abitazione), sia che si tratti di applicazioni automotive.
Il raffreddamento (e deumidificazione) dell’aria è reso possibile tramite una successione di stati termodinamici a pressione, volume e temperatura diversi di un fluido refrigerante, cioè di un fluido che trasferisca calore da un sistema ad una certa temperatura (sorgente fredda) ad un sistema a temperatura più alta (sorgente calda).
Un fluido frigorigeno efficiente deve avere:
–    un’elevata capacità termica (ossia essere in grado di immagazzinare grandi quantità di calore);
–    un’elevata densità (sia allo stato gassoso che liquido);
–    richiedere una grande quantità di energia (calore latente) per l’evaporazione;
–    alte temperature di ebollizione alla pressione di circa 20 bar e temperature esterne comunque elevate 30÷35 °C, in modo tale da cedere calore facilmente all’ambiente;
–    basse temperature di ebollizione alla pressione atmosferica, così da assorbire calore agevolmente.
Possono essere di origine naturale, quali ad esempio anidride carbonica, ammoniaca, gas propano, oppure artificiali: in tal caso vengono detti “freon”.
I freon sono anche conosciuti con la sigla CFC, ossia clorofluorocarburi, e sono dei gas derivati dal metano e dall’etano a cui sono stati aggiunti degli atomi di cloro, bromo o fluoro.
Il vecchio gas R12 (noto anche come Freon 12) appartiene alla categoria dei CFC; era utilizzato negli impianti clima delle autovetture ma ormai è stato vietato per ogni tipo di applicazione in quanto dannoso per l’ozono.
E’ stato soppiantato dai gas HFC, come il gas R134a, e degli HFO, di cui fa parte il nuovissimo gas R1234yf.
Altri parametri fondamentali caratterizzanti i refrigeranti sono costituiti da due indici legati ad aspetti ecologici che danno il peso dell’impatto di queste sostanze sul sistema climatico terrestre:
–    “ODP, Ozone Depletion Potential” (potenziale di riduzione dell’ozono): è definito come la capacità (potenzialità per l’appunto) da parte dei refrigeranti di distruggere, per reazione chimica, l’ozono atmosferico. Tutti gli indici sono riferiti a quello del gas R11 per il quale si assume convenzionalmente ODP=1 (il peggiore);
–    “GWP, Global Warming Potential (potenziale di riscaldamento globale): l’indice rappresenta l’apporto dell’effetto serra provocato da una qualsiasi sostanza immessa in atmosfera, e viene solitamente indicato con la sigla GWP100 perché riferito ad un periodo temporale di 100 anni.
La comunità europea, nell’ambito del contenimento delle emissioni dei gas ad effetto serra, ha promulgato la “Direttiva 2006/40/CE” relativa alle emissioni degli impianti di condizionamento d’aria dei veicoli a motore: la norma stabilisce che a partire dal 1° Gennaio 2011 tutti i veicoli di nuova omologazione dovranno adottare per gli impianti di aria condizionata un gas refrigerante avente un GPW inferiore ad un valore di 150, e di conseguenza la messa al bando dell’R134a.
Per tale motivo è stato sintetizzato dalla DuPont e dalla Honeywell il nuovo refrigerante HFO-R1234yf (tetrafluoropropene), con caratteristiche molto più ecologiche: infatti possiede un GPW molto basso, pari a 4 ed una vita in atmosfera di appena 11 giorni.
Dal punto di vista tecnico, l’R1234yf mostra buonissime proprietà di lavoro, paragonabili a quelle del suo predecessore R134a, con un punto di ebollizione a -29 °C e caratteristiche di raffreddamento molto simili, come si evince dal grafico pressione/temperatura:

 

Grafico 2

Le proprietà dell’R1234yf di ottimo refrigerante sono sottolineate anche da un elevato coefficiente di prestazione COP, Coefficient of Performance (rappresenta il rapporto tra il calore ceduto dalla sorgente più fredda alla sorgente più calda ed il lavoro speso per farlo), ed un’elevata capacità  termica. Per le sue caratteristiche, l’R1234yf possiede migliori qualità fluidodinamiche e per questo porta a richiedere un minor lavoro meccanico di compressione: ciò determina quindi un minor consumo di carburante.
Inoltre, rispetto al predecessore l’R1234yf offre addirittura una migliorata miscibilità con i lubrificanti PAG attualmente utilizzati negli impianti clima, ed una bassissima aggressività verso elastomeri e plastiche, dimostrando un quindi un’eccellente compatibilità con questi materiali (si pensi alle guarnizioni di tenuta O-ring) (fonte DupontTM – Honeywell).
Di contro esistono naturalmente alcuni aspetti negativi, anche di una certa rilevanza.
Per ottenere le stesse prestazioni di un impianto con R134a, l’utilizzo dell’R1234yf prevede un aumento del 5% della quantità di refrigerante necessaria.
In termini di componentistica, il nuovo R1234yf lavora con una nuova tipologia di compressori ma con la particolarità che essi potranno funzionare anche con il vecchio R134a; i lubrificanti utilizzati continuano ad appartenere alla categoria degli oli PAG (Poli Alchile Glicol), ma anch’essi di nuova concezione.
In ultimo, il nuovo gas presenta un lieve rischio di infiammabilità (con un comportamento molto simile all’R134a) dovuto soprattutto alla miscelazione con l’olio lubrificante del compressore, e che avviene peraltro ad alte temperature (oltre 900 °C); per rendere le prove più aderenti possibili alla realtà sono stati utilizzati inneschi che riproducessero le più comuni fonti di calore all’interno di un’autovettura, cioè una scintilla derivante da corto circuito a positivo, una fiamma di un comune accendino per fumatori, e l’incandescenza di un elemento riscaldatore (resistenza PTC).
Inoltre, le prove di infiammabilità sono state effettuate con condizioni molto severe ossia con un optimum di miscela aria – refrigerante, temperature prefissate e ambiente stagno: difficilmente queste condizioni possono essere replicate nel normale uso di una vettura, e quindi si può affermare che l’R1234yf è una sostanza a bassa infiammabilità.

Su tale argomento e su tutto ciò che ha a che fare con gli impianti di climatizzazione automotive, vi segnaliamo l’ultimo numero di Teknicar monografico sul “Clima”: Teknicar.it

Di seguito le prime 10 pagine della pubblicazione:

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ed i riferimenti normativi dell’R1234yf ( sempre dal n°5 di Teknicar ):

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